Diritto Penale Canonico

Il diritto penale

della Chiesa

Il diritto penale canonico è lo strumento con il quale la Chiesa, secondo la sua natura, la sua missione e il suo ordinamento giuridico previene e condanna i fatti delittuosi al proprio interno.
E poiché la Chiesa crede nella forza della grazia, esercita tale potestà condannando il peccato, accompagnando il reo e sostenendo chi si pente e vuole ravvedersi (sacramento della penitenza, del perdono e della riconciliazione).
Le pene della Chiesa non sono però come quelle degli Stati, sono di ordine spirituale ed operano nell’ambito della coscienza.

Da un punto di vista sociale le sanzioni della Chiesa non sono sicure né efficaci.
La pena canonica è ritenuta la extrema ratio: si ricorre ad essa quando gli altri mezzi non hanno raggiunto lo scopo, che nell’ordinamento canonico è triplice:
1) emendamento del reo
2) riparazione dello scandalo
3) ristabilimento della giustizia

Se tali scopi sono raggiunti attraverso la correzione fraterna o la riprensione o altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale, la pena non ha ragione d’essere e l’Ordinario ha l’obbligo di non iniziare alcun processo penale.

Vi sono, però, circostanze in cui è necessario ricorrere alla pena pur se è una sconfitta dei mezzi della persuasione che di per sé dovrebbero essere sufficienti nella cura pastorale.
La principale finalità della pena canonica rimane comunque la conversione del reo, nella speranza che questo accetti la punizione come espiazione del suo peccato e nella prospettiva della misericordia cristiana.
È il can. 1341 ad esprimere lo spirito del diritto penale e ad essere la guida pastorale per i superiori e i giudici che devono applicare il diritto penale nella Chiesa.

Sono 2 i modi per comminare la pena.
pene ferendae sententiae: vengono applicate solo dopo essere state formalmente inflitte dall’autorità. Sono pene a iure nel momento costitutivo ma ab homine in quello impositivo.
pene latae sententiae: si applicano ipso iure alla commissione della trasgressione: non è necessaria una valutazione da parte del giudice o del superiore. Il fatto viene considerato grave dalla norma e alla sua violazione è già associata la pena che verrà soltanto dichiarata. Sono sempre pene a iure, comminate cioè da una legge o da un precetto e sono ridotte a singoli e gravissimi delitti dolosi.

Il processo penale

nell’ordinamento canonico

Il Processo Penale

L’Ordinario, ravvisata la colpevolezza dell’imputato attraverso l’esistenza reale del delitto punibile e la possibilità che sia provato, deve intervenire nei confronti dell’imputato con la correzione fraterna, con la riprensione e le altre vie della sollecitudine pastorale.
Solo dopo aver constatato il fallimento dei rimedi pastorali, e quindi il mancato raggiungimento della conversio, l’Ordinario deve decidere quale via seguire: quella del processo giudiziale o quella del processo amministrativo, la cui differenza è rilevante non solo dal punto di vista formale ma anche sostanziale.

Per infliggere o dichiarare una pena è imprescindibile raggiungere la certezza morale.
L’acquisizione di tale certezza deve essere oggettiva e inderogabilmente essere preceduta:
a) dalla raccolta delle prove, che siano attendibili;
b) dalla discussione sulle prove raccolte;
c) dalla possibilità data all’imputato di difendersi.

La via Giudiziale

Offre maggiori garanzie di giustizia e di equità ed è regolato da tutta la normativa processuale giudiziale oltre che da norme specifiche (sul promotore di giustizia, sulle misure cautelari da prendere, sull’avvocato, sull’evoluzione del processo e sulla sua conclusione tramite la sentenza).

Si stabilisce il rapporto dialettico tra due parti in lite, la sentenza risponde alla verità giudiziale emersa dagli atti e conclude il processo, il promotore di giustizia rappresenta la comunità danneggiata, l’avvocato patrocina e difende l’accusato, il giudice è super partes e il processo prevede l’appello.

La via giudiziale va seguita in caso di applicazione di pene perpetue che non possono essere applicate per decreto (ad es., la dimissione dallo stato clericale), ed in genere sono quelle espiatorie. Una volta iniziato il processo giudiziale non si può cambiare la procedura.

La via Amministrativa

Quando non si ravvisano ostacoli (iustae causae) alla via giudiziale si può attuare la via amministrativa. Non è difficile trovare iustae causae per evitre il processo penale giudiziale anche se la via giudiziaria è quella più idonea per la garanzia dei diritti soggettivi dei fedeli e per l’accertamento della verità.
Il processo penale amministrativo è regolato da un solo canone, il 1720 il quale:
prevede garanzie in favore del reo ed ogni suo diritto di difesa;
richiama la necessità della valutazione delle prove e di tutti gli argomenti e
stabilisce che il processo termina con decreto.

Non c’è rapporto dialettico tra le parti, il giudice non è super partes, ma è lo stesso superiore che svolge la funzione di parte e quella di giudice.
Se è iniziato il processo amministrativo in qualsiasi momento si può decidere di passare alla via giudiziaria.

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